giovedì 14 giugno 2012

Sulle tracce di Heidi- nel Vallese

Il Cantone di Valais (il Vallese) è una regione della Svizzera particolarmente montuosa; questo vuol dire che non ha grandi pianure lacustri (anche se si affaccia sul lago Lemano) né piatti altipiani.
I fiumi si scavano la loro strada fra alte montagne, e si precipitano nel lago passando fra vigneti terrazzati ripidi quanto le Cinque Terre liguri (solo che qui danno sul lago, sono circondati da montagne, e fa più freddo).
In una bella giornata di fine maggio, approfittando del ponte di Pentecoste, mi sono messa d'impegno a percorrere un tratto della valle della Sarine, da Rougemont a Rossinière. Il percorso, in discesa, corre sul fianco delle colline e attraversa alcuni abitati, tra cui Chateaux-d'Oex, famosa per ospitare il museo della Mongolfiera e un festival dedicato in inverno.
Lasciatemi dire che siamo arrivati sul luogo in treno, piacevolmente accomodate (da Montreaux) su un treno panoramico (vale a dire che i fianchi sono quasi completamente trasparenti). Visto che il piccolo treno arrancava su per i monti, con una specie di percorso a tornanti, costeggiando spesso gole verdeggianti, il mio piccolo problema di vertigini non mi ha lasciato godere il panorama come meritava. Il treno è pieno di vacanzieri, metà attrezzati per le camminate, e metà per una giornata all'aria aperta, seduti su un tavolino del caffè della piazza principale. Non chiamatemi malefica, ma ragazze in gonna a tubo, tacchi da 12 cm a spillo, pesantemente accessoriate e con una borsetta troppo piccola per contenere altro che l'ultimo lettore mp3 e un portamonete, e con accompagnatori solo poco meno tirati a lucido, è improbabile che si arrampichino su per i monti. È facile invece che apprezzino il sole. Per quanto riguarda i camminatori, di solito basta dare un'occhiata alle scarpe, o allo zaino per riconoscerli; i più impegnati hanno anche bacchetti da camminata (telescopici) e cartine che spuntano dalle tasche dello zaino, e spesso sfidano il fresco mattutino con pantaloni al ginocchio ma dotati di tasche (in cui potete trovare un tubetto di crema solare). Di solito questa fauna confronta mentalmente la propria attrezzatura con quella degli altri, in cerca di suggerimenti o semplicemente per il gusto di dare un'occhiata.
Il treno si svuota velocemente della prima specie, un po' più lentamente della seconda, ma quando arriviamo a Rougemont la carrozza è rimasta semivuota. Il paese è disposto su un versante, le strade principali corrono in direzione est-ovest, parallele alla Sarine, e sono collegate da stradicciole pedonali (sentierini e scalinate di sasso strette fra le case, che il turista è riluttante a prendere temendo di entrare a casa di qualcuno). Le case sono orientate a sud, non importa quale facciata dà sulla strada, tanto per darvi l'idea delle temperature invernali. I dintorni sono però verdeggianti di prati e boschi di conifere (il miscuglio conifere-faggio, ancora un miscuglio di verde scuro e verde chiaro nonostante sia maggio avanzato, lo abbiamo lasciato più a valle) e il paese ha avuto un impulso economico nel XIX secolo con l'arrivo della ferrovia e dei villeggianti. E visto che la vocazione non è orientata agli sport invernali, ma alle passeggiate estive per famiglie, la rete di sentieri è stata mantenuta, collegata e arricchita di indicazioni per il turismo pedestre (gli onnipresenti cartelli gialli) che permettono a viaggiatrici sprovvedute come noi di intraprendere il viaggio senza pensieri. Sprovvedute di cartina, certamente lo siamo, e questo ci costringe a vagare per Rougemont cercando il bandolo della matassa, cioè l'inizio del percorso indicato. 
Dopo qualche incertezza e ripensamento (tradotto, siamo tornate indietro), troviamo la direzione desiderata, ci allontaniamo dal paese per discendere lungo la vallata, fra boschi e prati. Il percorso è un miscuglio equilibrato di sentieri forestali, strade bianche, strade minori, in parte ombreggiato, che sale all'inizio e poi scende dolcemente. La giornata è un caldo sabato di fine maggio, uno dei pochi giorni completamente soleggiati, e la salita si fa sentire. Le onnipresenti mucche sono apatiche, le strade dei paesini attraversati vuote di macchine (la gente è invece ben visibile in giardino, intenta a pasteggiare in famiglia), il ruscello che si getta nella Sarine sembra promettere frescura, laggiù in fondo alla gola, e la ferrovia è percorsa pigramente da qualche treno turistico come quello su cui siamo arrivate. Altri camminatori si incontrano per la via.
Prima di cominciare la discesa, ci voltiamo indietro, con la netta impressione di essere in cerca di Heidi: la storia la vuole abitante della Svizzera tedesca, qualche centinaio di chilometri più in là, ma il paesaggio che ci si apre davanti, appena sfumato dalla foschia, è quello che ci si immagina tipicamente svizzero. Chalet dispersi, montagne, pascoli verdi orlati da conifere verde scuro, bestiame al pascolo, l'occasionale canto di uccello o gorgoglio d'acqua corrente, fontane di acqua fresca agli angoli delle strade.
Attraversato su un ponte sospeso (l'ultimo del Vallese) la famosa Sarine (e no, il ruscelletto fresco è sempre rimasto fuori portata), appaiono segni di attività economica; la segheria si annuncia con un'esposizione di antichi macchinari azionati dall'energia idraulica, e con diverse cataste di assi messe a seccare. Appaiono qui anche i primi segni di costruzioni nuove, pur in stile e rivestite di materiale da costruzione tradizionale (legno). I camminatori si interrogano sull'utilizzo di strutture cosi grandi in una zona cosi isolata, prima di procedere lungo il percorso indicato.
Non troppo lontano Chateux-d'Oex ci accoglie con centro pedonale vivace (per gli standard locali), un museo della mongolfiera (sdegnosamente ignorato) e un interessante giardino alpino, ai piedi della chiesa locale (attentamente percorso).
Attraversato il centro, ci inoltriamo nella boscaglia: questa é la parte più faticosa del percorso, o almeno quella che abbiamo sentito maggiormente; il sentiero si inerpica a tornanti stretti (ma non dovevamo scendere?) prima di raggiungere un balcone panoramico, dotato di giudiziosa panca e fontana di acqua potabile. Dove gli eroi possono fermarsi a rinfrescarsi e a riempire le scorte di acqua, duramente intaccate durante l'ascesa.
Il resto è un piece-of-cake, come si usa dire da queste parti (chiedo aiuto per l'espressione italiana equivalente: una passeggiata? facile come bere un bicchiere d'acqua?). Bene, fatta la passegiata, mangiamo il nostro ipotetico pezzo di torta: scendiamo con poche incertezze sul percorso fino alla periferia di Rossiniere, dove possiamo ammirare un altro esempio di chiesetta locale e delle case rivestite con la tecnologia tipica (strato isolante di blocchetti di legno), un grazioso lago artificiale dall'alto, e degli utilissimi cartelli del turismo pedestre che indicano la stazione. Come facilitare la vita ai camminatori.
Alla stazione ci aspetta l'ultima sorpresa della giornata: la fermata è a richiesta (il treno non si ferma a meno che qualcuno non schiacci l'evidente bottone rosso) e manca di biglietteria. Poco male, in questi casi, e solo in questi casi, è ammesso fare il biglietto sul treno, comunicando immediatamente al controllore il fatto. I potenti mezzi della tecnologia svizzera fanno si che i biglietti emessi possano essere per qualsiasi destinazione, e siano quasi indistinguibili da quelli regolarmente acquistati. Niente sovraprezzo. Il treno è lo stesso che abbiamo preso all'andata, solo notevolmente piu vuoto.
Alla fermata sale con noi lo Svizzero della giornata. L'anziano signore, ancora ben in forma, è venuto da Lucerna a Rossiniere per salutare un'amica e in giornata rientra a Friburgo. Appena scopre che siamo italiane, passa con naturalezza dal frnacese a un italiano piu che corretto, e durante i pochi minuti che dura la nostra conoscenza (il tempo per lui di salire sul treno, e scendere alla fermata successiva) apprendiamo che parla correntemente il tedesco, e si rammarica di non ricordarsi l'inglese bene come in gioventù. Ops.

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