mercoledì 5 settembre 2012

Pierres de Burtigny

Iscritta al gruppo delle PEE (professioniste impegnate nell'ambiente, sezione romanda), arrivano di tanto in tanto degli inviti a partecipare a iniziative a tema. Se d'inverno ci si concentra più sui dibattiti e le visite in interno (memorabile l'escursione al museo di storia naturale di Losanna, a seguito di una serata sull'entomologia forense), l'estate è tempo di escursioni. Ed è bene affrettarsi, perché l'estate svizzera non è eterna.
L'escursione in questione è stata rimandata diverse volte causa maltempo; si tratta di una camminata sotto la luna, alla scoperta delle pietre di Burtigny (Burtigny è il nome del villaggio), massi erratici dispersi fra campi e boschi. La nostra guida è una guida e interprete del patrimonio (svizzero, ovviamente) ed ha una preparazione geologico.storico-artistica di tutto rispetto. E delle doti istrioniche e di cantante non da disprezzare, scopriremo strada facendo.
Incontro alla chiesa di Burtigny alle sette di sera, raggiunta grazie a uno degli epici bus gialli del servizio postale, le nostre eroine si contano: siamo una quindicina, tutte rigorosamente signore, con un'età che va dai 22 ai.. bah, sopra i 40 di sicuro. Ci siamo tutte, si può partire verso la prima tappa: il masso erratico n 1 ci aspetta all'interno del cortile di una fattoria. I massi erratici provengono dall'altra parte della vallata e sono granito, una roccia che non si trova su questo lato del lago. Varie teorie nei secoli sono state proposte per spiegare il loro arrivo, ma la realtà è che sono stati trasportati dai ghiacciai durante l'ultima glaciazione. Un bel viaggetto, a dorso di ghiaccio, che li ha prima strappati alla roccia madre e poi depositati in zone sconosciute, lasciandoli in eredità a popolazioni che non sapevano che farsene. Dato che la roccia dei dintorni è calcarea, e molto più tenera, le popolazioni locali hanno sviluppato le tecniche per lavorare il calcare, ma non erano in grado di attaccare i massi erratici, che se ne sono rimasti indisturbati in mezzo a campi e boschi per la maggior parte della loro storia. Le cose belle finiscono, e l'emigrazione del XIX secolo porta in zona genti che provengono dall'altra parte della valle, quella dove ci sono le rocce madri da cui si sono staccati i massi, e questi il granito lo sanno lavorare eccome, con la tecnica dei cunei di legno. Inserite un cuneo in una fessura, bagnate il cuneo che gonfiandosi, romperà la roccia. Si attaccano così questi emigranti ai massi erratici, con grande fervore, dato che si tratta di roccia pregiata. E con grande gioia dei contadini, che non solo si vedono liberare il terreno dall'ingombro, ma vengono anche lautamente retribuiti per questo. Dopo aver liberato i campi, i tagliatori si rivolgono alle pietre nei boschi, ma intanto qualcuno comincia a voler conservare queste testimonianze geologiche: nasce qui l'associazione Pronatura, che riesce a fermare lo sfruttamento delle pietre. 
Quelle che andiamo a vedere, vagando per boschi e campi, fra pioggerelline, minacce di temporali e squarci di luna, sono proprio le pietre salvate dall'associazione, rimaste ormai solo nei boschi. Una, la pietra di Rolando, è mancante di una parte: la leggenda popolare ha attribuiti il taglio della pietra al paladino Rolando, che si è liberato della spada Durlindana al momento della morte, lanciandola per non farla cadere in mano ai nemici (e dal nord della Spagna alla Svizzera è un bel lancio), o a un gigante irato per aver perso un oggetto. Altre pietre sono state incise in tempi preistorici per motivi sconosciuti (forse una mappa della regione, una specie di indicazioni stradali d'antan) e usate in tempi più recenti come luogo di ritrovo per appuntamenti galanti. Alla pietra dai mille fori sono legate leggende di principesse e ranocchi, o semplicemente tradizioni di buona fortuna (si dice che sedersi sulla pietra aiuti a concepire). 
Alla fine della nostra passeggiata, uscite dal bosco, la luna piena ci gratifica di una visita, uscendo da dietro le nuvole, e accompagnandoci fino alla piazza di Burtigny, dove prima di salutarci diamo un'occhiata al campanile, costruito in parte con i pezzi mancanti della pietra di Rolando.

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